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428 lettere di fra paolo sarpi.

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CCLII. — Al medesimo.[1]


Io ricevo tutte in un piego due di V.S. delli 14 marzo ed una delli 21; seguendo l’ordine delle quali dico, prima, intorno il desiderio del signor di Thou, non esser minore il desiderio mio ch’egli sia compiaciuto, ed insieme esser anco di opinione che sia servizio pubblico. Ma siamo in un tempo che non basta ne il buon fine nè il buon consiglio accompagnato da esito felice, se insieme non si cammina per quella via che l’universale vuole. Io pregherò il signor ambasciatore che s’allarghi quanto più giudicherà potere, e che abbia più risguardo alli altri rispetti che alli miei. Il far officio con quell’altro signore che V.S. mi nomina, che al presente è qui, non servirebbe, perchè non fu egli che abbia questa traduzione,[2] ma un suo ministro, che ora non è con lui, al quale se V.S. tien memoria, io scrissi di questo negozio, mandandogli la lettera. Ma io credo che, finalmente, si troverà modo che il signor di Thou resterà contento.

Il consiglio di V.S. di partire da Parigi debbe esser grandemente commendato da qualunque sa l’ingegno degli Italiani. Sento gran piacere che sia per ritirarsi a Saumur, così perchè sarà sicura più che a Orléans, come perchè si ritroverà appresso quel signore tanto compito. Io la prego con ogni affetto a fare a sua signoria illustrissima li miei baciamani,


  1. Stampata come sopra, pag. 578.
  2. Parole, certamente, allusive a quanto leggesi nella Lettera CCXIX, pag. 343.
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