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434 | lettere di fra paolo sarpi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:442|3|0]]sarmele non disutile servitore. E fo fine, baciandole le mani e augurandole il colmo della prosperità.
- Venezia, 6 giugno 1617.
CCLIV. — Al medesimo.[1]
Con grande afflizione ho letto il testamento del signor de Thou, risvegliandomi ciò la memoria della perdita di tant’uomo; ma mi sono consolato nella ricordanza delle sue virtù. Ho notato qual pietà e fiducia già sorreggessero lui vivo. Esso ci sta dinanzi come un esempio da imitare. Ma la V.S. deve oggimai deporre ogni tristezza. Questa io interpreto che sia pure la volontà dell’estinto: ricordarlo con allegrezza e mandare ad effetto i suoi propositi.
Circa al mio commentario (come in ogni altra cosa), io non le posso negar nulla affatto. Sa ch’io ho questo fare: non profferir mai con una lingua stessa fuorchè le stesse parole. Quello che a Lei non potessi affidare, neanco alla stessa mia fede commetterei (così proteggami Iddio, come son certo di non usare iperboli): laonde rimettomi nelle sue mani, con la stessa fidanza nella S.V. che in me medesimo. Scrivo per lo stesso corriere al signor Gussoni, legato, perchè le consegni tutta quella scrittura,[2] e stia a’ suoi ordini nel ripigliarla. Ella potrà levarne quel che le piace, e giovarsi anche di tutte