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lettere di fra paolo sarpi. | 61 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:69|3|0]]del tempo fermato da Dio, e senza i modi da lui prestabiliti. Io lo confesso, noi tuttavolta adoperiamo e pensiamo alla maniera umana. Dio vuole che ci travagliamo con affetti da uomo, e che siamo esauditi per consigli di cielo; nè io son uomo da credere che cosa alcuna possa avvenire quando non ha da essere. Questo ragionare affido al petto di un amico. E prego Dio che converta in atto quello che riuscir debba ad onor suo.
Vengo a dire della luna. Per verità, non ho letto ciò che ne scrisse il nostro matematico:[1] spesso abbiamo conferito insieme su quell’argomento e molte osservazioni ci scambiammo. Aprirò ciò che penso, manifestando solo, come ho per costume, cose da me verificate. È incontrastato, che la terra mostra alla luna le stesse fasi, che la luna alla terra; sennonchè quelle della terra alla luna, derivando da maggior corpo, sono più valide. Quando la luna è nel mezzo al sole e alla terra, non si vede dalla terra; per contrario, quando la terra è nel mezzo al sole e alla luna, non vedesi dalla luna. E siccome la terra, quando è nei mezzo, vede l’emisfero della luna tutto lucido, così la luna, quando è intermedia, vede tutto illuminato l’emisfero della terra. Quando par che la luna si dilunghi dal sole per la quarta parte del circolo, apparisce mezza; quando poi ci sembra che la luna s’allontani dal
- ↑ Se qui voglia parlarsi del Galileo, rimane incerto, non essendo a noi pervenute le lettere scambiate circa quel tempo tra i due grandi uomini. Si aggiunge che una Lettera dello stesso Galileo al Sarpi, dei 12 febbraio 1611, comincia cosi: “È tempo ch’io rompa un assai lungo silenzio.„ Op. di G. Galilei, ediz. diretta da E. Albèri, tom. VI, pag. 41.