< Pagina:Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
66 lettere di fra paolo sarpi.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:74|3|0]]

CXXXVII. — Al medesimo.[1]


Ebbi le sue lettere del 19 aprile, nelle quali scorgo tracce di finissimo discernimento. Oh, volesse Dio che con Lei potessi abboccarmi a bell’agio! Non è dubbio quanto all’andare allo stesso scopo per diverse vie; l’una retta, oblique l’altre e di numero infinite. Gl’imperatori greci, quando non grandeggiava ancora la potenza o, dirò meglio, la intolleranza di freno nei cherici, mantennero la maestà del comando, senza alcun discapito o intoppo. A voi altri tocca a difendere la libertà con lotta domestica ed esterna, ma schietta, palese e fiancheggiata dalle leggi; agli Spagnuoli (colpa de’ luoghi) con artificii e dissimulazione. E di questa maniera è quello che affermò Covarruvias sulla fine del cap. 36 delle Pratiche; ove, e innanzi ancora, ragionando a dilungo dell’opposizione da farsi all’attuazione delle bolle della curia romana, soggiunge che non ha mica ciò detto per detrarre al pieno eseguimento delle lettere apostoliche; dacchè il monarca Cattolico abbomina e proibisce con editti un tal modo.

Così costumano essi di rendere onoranza a parole, e nei fatti condursi a proprio talento. Sento dire che hanno stanze gremite di bolle nascoste dagl’imperanti, perchè non si mandassero ad effetto. E quel loro avvertimento che non se ne impedisce già ma prolungasi la esecuzione affinchè sia consultato e istruito il pontefice, è un pretto sofisma; non pensando, poi, nè curando nè volendo adempiere verso di lui una tal parte.


  1. Edita come sopra, pag. 82.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.