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lettere di fra paolo sarpi. | 71 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:79|3|0]]riformati. Ha promesso conversare papisticamente, e ne ha dato principio avendo in compagnia l’amorosa: non vuol però messa.
Queste sono le cose del mondo, e qualche altre che li scriverà il signor Castrino, le quali io tralascio per angustia di tempo. Quanto s’aspetta agli occhiali nuovi, toccando le cose celesti, non v’è altra cosa di momento sin’ora osservata, se non che avendone fabbricato uno con tanto artificio, che si vede solamente circa un centesimo della Luna alla volta, ma di tanta grandezza di quanta con quel primo si vedeva tutta essa, le cavità sono tanto conspicue e così esattamente viste, ch’è stupore; e la stella di Giove, che molte volte è stata osservata, appare appunto di quella grandezza che il sole, quando alle volte si vede sotto alla caligine. Ma le maraviglie che si scuoprono con questo artificio, sono nella professione della prospettiva; imperocchè da quello si comprende il modo come si fa la visione, e le ragioni delli occhiali così di vista debole come di corta: cose che vogliono un giusto volume per esser esplicate.[1]
Io qui farò fine, pregando Dio, che doni a V.S. ogni vero bene. Alla quale bacio la mano, come fanno gli altri amici; aggiungendole che le diligenze de’ libri difesi[2] si sono reiterate; onde sarà difficile di trasmetterne con quella solita strada, ma forse si troverà qualche altro mezzo: a che biso-