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lettere di fra paolo sarpi. | 73 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:81|3|0]]ed avranno molto tempo, dovendo durare cinque anni la minorità del re. In questo si conoscerà il valore e la fedeltà francese, se sapranno star uniti e non lasciare prender radici alla semenza. Mi pare gran cosa che il regno e chi lo governa possa, dopo sì grave percossa, aver animo di continuare i disegni del re; i quali, riguardando i preparamenti, io credo che non fossero in Cleves, ma maggiori e forti essere in Ispagna. Ma quand’anche cotesto governo attendesse a parte e sostenesse gli amici fatti dal re, sarebbe impresa degnissima la risoluzione di volere appresso di sè gente armata. Non posso dubitare d’alcun mal incontro, e che gli uffici del papa e de’ Gesuiti non voltino il cervello alla regina;[1] ma il volere in Francia un Condé, quantunque fosse per essere un contrappeso a Soissons, è cosa di gran pericolo. Già egli è infetto dell’arte di Spagna, e si può tener facilmente che non lo lasceranno partire, se non vedendo che debba riuscir a loro profitto: ragione che a me pare insolubile.
Ma V.S. mi tocca un non so che del matrimonio,[2] che mi ha reso stupido, parendomi che sia cessata l’occasione di simil materia. La prego, in una parola, toccarmi la causa perchè si mette in campo questo punto, che a me non pare pertinente: e saprei volentieri se la regina favorisca Condé, e se V.S. crede ch’egli sia in augumento o in diminuzione; siccome anco se v’è speranza che i riformati acquistino maggior vantaggio nella causa di religione, perchè io qui miro sopra ogn’altra cosa, per-