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lettere di fra paolo sarpi. | 79 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:87|3|0]]ma mi fa stomaco la novella dottrina che, al dispetto di tutti gli umani e divini diritti, fa lecito per causa di religione l’assassinio de’ principi; la quale se per accordo di tutti non si distrugga, io veggo venuta ormai l’ultim’ora per la social convivenza. Ora sono forzati tutti i re e gl’imperanti non solo a cedere alle arti degli Spagnuoli e de’ Gesuiti, ma a sventare perfino le loro diffidenze: perciocchè quel re non agitava consigli ostili verso di loro nè vi avrebbe pensato mai; e tuttavia, pel solo sospetto, lo fecero ammazzare.[1] Non mai abbastanza potremo arrovellarci per siffatte ribalderie. Faccia Dio che il mondo vegga i suoi rischi e sappia ripararvi! Già niuno, per quanto di prudenza e destrezza adoperi nel trattare, sarà sicuro dai loro colpi, quando tale sventura incolse ad un re che ai gesuiti fu prodigo d’immensi favori.[2] Non vorrei far da indovino, ma giudico che il regno di Francia non avrà mai sicurezza fino a che tal peste non venga estirpata. Noi vi precedemmo: se avete a cuore la pubblica salute, seguiteci. Ma basti di queste cose; le quali avranno adempimento, se Dio non accecherà coloro che più vedono o dovrebbero vedere.
Non per anche sono giunte le Risposte di Vames[3] sui mercati di Francfort; e diedi commissione ad un amico che partiva per l’Olanda, affinchè me le recasse. Io leggo volentieri que’ libri che sono scritti da