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84 lettere di fra paolo sarpi.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:92|3|0]]vorranno. Se mai soggiacque Italia a rischio di schiavitù, ora sì che v’è presso. Poco cura il papa, o forse desidera catene d’oro; anzi, ebbro di felicità, non le vede. Agli altri stanno in fronte gli occhi per vedere, ma la facoltà manca del tutto. Per nostra grave disavventura, il re brandì le armi, e la sua morte riesce adesso più micidiale a noi che a voi medesimi. Ma tuttavia, niente avviene contro la divina volontà; e perciò a Dio facciamo preghiere perchè il tutto rivolga in bene.

Mi sforzai d’avere il libro del Vames:[1] fra poco spero di vederlo, e mi gioverà. Delle leggi e costumanze di quel paese niente conosco fin qui; e tal notizia sarà profittevole, poichè gli esempi valgono più delle ragioni. S’io reco in mezzo Francia o Spagna, ben possono rispondermi:[2] non siamo da tanto, nè possiamo stare a paro dei grandi re. Dal che avviene che il più delle volte ricorrano a’ Piemontesi. Se vi aggiungerò quelli di Borgogna, benchè non principi così grandi come quei due re, nè accetti a’ Gesuiti, fo conto di trovare miglior ventura; sebben’io presagisca che d’ora in poi non si verrà a capo di alcuna cosa buona: tanto la faccenda procede grave d’impacci.

Torno alla dottrina de’ Gesuiti. Se cotesta società di teologi scriverà qualche cosa contr’a loro, darà il segnale della guerra; perocchè avrà a condannar come eretica la loro dottrina e valersi del decreto di Costanza. E questo prenderanno in mala parte a Roma; e prima, perchè scartino un insegnamento


  1. Vedi la nota a pag. 58.
  2. Cioè; gli avversarîi dell’A.; i romaneschi e gesuiti.
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