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lettere di fra paolo sarpi. 85

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:93|3|0]]cui essi fanno buon viso; poi, perchè s’abbia come legittimo il concilio di Costanza. Da qui forse verrà, che siccome le massime della Sorbona non consonavano un tempo colle romanesche, così accendasi nuovo fomite a contrasti. Che se tanto avverrà, si appiccherà zuffa fra le chiese romana e francese; e per voi sorgerà il principio di una perfetta libertà, e a noi sarà di stimolo il vostro esempio. Ciò sebbene io desideri più di quello che speri, pur amo di consolarmi ingannandomi; niente più standomi a cuore che di scemare il peso di questo importabile giogo. Quel che su tale oggetto qui verrà scritto, a voi altri giungerà; ma mentre si tratta e discute, prego la S.V. a volermi ragguagliar di ogni fatto. La ringrazio vivissimamente della sua lettera datata del primo giugno; e prego Iddio che secondi tutti i suoi disegni, e lunghissimamente la conservi. Stia sana.

Venezia, 22 giugno 1610.




CXLIII. — Ad Isacco Casaubono.[1]


Con mio gran rammarico, l’esemplare del Polibio che V.S. mi mandava, andò perduto; e ciò non tanto per esser privo de’ frutti delle sue fatiche (poichè un altro ne ho, di cui posso giovarmi), quanto per avere così perduto un ricordo sì caro della sua cortesissima persona. Ma siccome non alla cosa in sè, ma al sentimento dell’animo deve in tai casi badarsi, così mi convien dirmi sod-


  1. Dalle Opere dell’A., tom. VI, dove si legge in latino, a pag. 117.
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