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86 | lettere di fra paolo sarpi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:94|3|0]]disfatto abbastanza dell’onore impartitomi dalla S.V. col credermi non indegno di un tal favore.
Tutti sentono eguale orrore per la detestabile scelleratezza, tramata quasi d’un colpo e compiuta, contro l’ottimo principe che fu vostro re: tutti, dico, all’infuori di coloro che tra l’arti che professano, pongono ancora la strage dei principi; gente che quanto più odio, tanto più vorrei poter odiare.[1]
Venendo alle altre parti della sua lettera, vedo bene ch’Ella di me giudica secondo l’amicizia, e non secondo la verità; chè certo non sono io tale da poter essere con fidanza da Lei consultato, e in ispecie dovendo rispondere per lettera ad una questione che non è certamente da lettere. Ma non osando io disdirle in cosa alcuna, mi sforzerò di fare quanto mi ha comandato: bensì prego di riguardare i miei sforzi siccome il meglio che far potessi in tale occasione.
Premesso che Gesù Cristo diede sè stesso per la Chiesa, a fine di renderla immacolata, non in questa vita ma sì nel tempo avvenire; mentr’essa a ciò s’incammina e tende a quel segno che ai mortali non è dato di raggiungere, mi sembra ch’Ella desideri una Chiesa esente da ogni macchia: la quale, se non alzerà gli occhi verso il cielo, io non potrò mai additarle. Perciò ottima sarà da dirsi quella che mostri in sè il minimo della corruzione. Ci ammonì san Paolo, che gittate appena le fonda-
- ↑ Si noti che il Sarpi confessa di avere scritta questa Lettera con tutta quell’ingenuità che avrebbe potuto usare parlando a viva voce. Ma l’avversione ancora, quando francamente professata, è onorevole; perchè sempre onora l’uomo quel ch’oggi dicesi il coraggio della propria opinione.