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90 | lettere di fra paolo sarpi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:98|3|0]]e pazienza degli Spagnuoli alla vivacità de’ Francesi.
Il papa ha dichiarato d’assistere alla Francia per stabilimento del governo; ma vi è bisogno della prudenza d’Ulisse, la quale otturi l’orecchie a tutti gli sciolti, e leghi tutti quelli che possono udire: altrimenti, non vi è rimedio all’incanto.
Il principe di Condé partì in posta verso la Fiandra: credo che dagli Spagnuoli sia conosciuto per da poco, e non sperando gran cose, abbino gettato quel tiro alla buona fortuna.
Io stupisco che l’autore di tale assassinio sia stato fatto morire senza aver avuto la confessione intiera de’ mandanti e consiglieri:[1] il che mi pare si doveva procurare se non bastava con tormenti, anco con perdono. Credo bene che non sia stato tralasciato niente, ma mi resta molto oscuro questo successo; se però non sia, che non avendo comodo di vendicarsi, venga riputato meglio il mostrare di non sapere.
Le cose d’Italia passano con molta maraviglia e dispetto di quelli che osservano che il conte di Fuentes,[2] quale vivendo il re e armandosi potentemente per tutta Francia, restava senza fare provisione alcuna, ora reinfoderate le armi francesi, faccia sollecita provvisione, così facendo passar Svizzeri e Tedeschi, come battendo il tamburo negli Stati suoi. Credono alcuni che questo sia per muover le armi al duca di Savoia e ad altri; ma i più avveduti hanno opinione, che sia per avere a di-