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cvi prefazione

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Satire (Giovenale).djvu{{padleft:106|3|0]]vengono sotto la penna i nomi di Lodovico Dolce, e Dario Varottari: dei quali il primo traslatò la Satira delle donne, indirizzandola al gran Tiziano nel 1538, e il secondo le due prime, che furono impresse a Venezia nel 1564, sotto l’anagramma di Ardio Rivarota. Una scelta delle Satire più purgate e tradotte in prosa ad uso delle scuole fu fatta da un anonimo e pubblicata col testo a fronte in Torino dalla Stamperìa Reale nel 1799. Ma chi occupa il primo posto fra i particolari volgarizzatori dell’Aquinate, è Melchiorre Cesarotti; il quale se invece di sole otto satire ce le avesse date tutte, e si fosse un poco più curato d’intender meglio alcuni punti; a malgrado di quelle sue stemperatezze e non infrequenti licenze di stile, avrebbe forse tolto ad ognuno il coraggio di mettersi ancora a siffatta impresa, come fece dell’Ossian.[1] Finalmente qualche satira fu tradotta anche dal Metastasio e dal Pignotti.[2]

Che c’era dunque bisogno, si dirà, che in tanta dovizia di traduttori voi ci deste un altro volgarizzamento di Giovenale? Tale domanda, io

  1. Le Satire volgarizzate dal Cesarotti sono la 1, 3, 4, 6, 8, 10, 13, 15: e nello stesso anno 1805 ebbero due edizioni; l’una a Pisa, e l’altra a Parigi.
  2. Nell’avviso che precede l’edizione delle Satire di Giovenale tradotte dal Gargallo e stampate in Firenze dalla Società Poligrafica italiana nel 1844, trovo ricordato un altro volgarizzamento fatto da Pietro Venturi; ma io non potei rintracciarlo.
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