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di giovenale 7

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  Alcun che da prigione e da galera
Osa; e alcun che sarai: lodano molti
La Probità, ma non ha scarpe in piedi.
Son parto di delitti i bei giardini,
Le ville principesche, i deschi, i vasi
D’argento antichi, e il nappo ove di fuori
Rileva un capro in piè. Brutti fantasmi
Non ti lascian dormir quel vecchio schifo
Che vince coi regali e disonora
Di suo figlio la moglie; e quegl’infami
Zanzeri, e quell’adultero ragazzo.
Se la natura si rifiuta, i versi,
Comecchessia, farà lo sdegno:[1] in modo
Come può farli Cluvïeno ed io.
  Da che, gonfiando il mar per molta pioggia,
Deucalïon, vogando, in cima al monte
Approdò colla barca, ed ebbe inteso
L’oracolo; ed i sassi a mano a mano
Spetrandosi pigliaro e vita e senso;
E Pirra ai maschi le fanciulle ignude

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  1. Quanto è più nobile la musa di Giovenale che quella di Orazio; il quale dice che fu spinto a scriver versi dalla povertà: paupertas impulit audax ut versus facerem. Epist. 2. lib. II. v. 51.
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