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di giovenale 11

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Che lì non è, chiede per lei gridando:
«Qui dentro c’è la Galla mia; sbrigatemi:
Ohè! che siete sordi?» ― «O Galla, affacciati» ―[1]
― «Non le rompere il capo: ella riposa» -
  Ecco il bel modo onde si sparte il giorno:
La sportola; indi al Foro, e al giusperito
Apollo, ed alle statue trionfali:[2]
Tra cui non so quale Egiziano ed Arabo
Ebbe la sfrontatezza di far mettere
Il suo bel muso con un epitaffio:
Al quale il meno meno che tu possa
È di pisciargli addosso.[3] Finalmente
Questi vecchi clienti stracchi morti;
Riposto il Sere dentro l’uscio, e visto
Vanire il pranzo, a cui da tanto tempo
Affilavano i denti; se ne vanno
Colle trombe nel sacco, poveretti!
A comprarsi del cavolo e du’ legna.[4]
  Frattanto i più squisiti pappalecchi,
Che di mare o di selva offra il mercato,
Divora su’ Eccellenza, e solo sguazza

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  1. Queste parole le dice il dispensatore della sportola, che si è accorto dell’inganno.
  2. Il Foro di Augusto, nel quale discutevansi le cause, e dove si vedevano le statue dei sommi capitani, e quella di Apollo, che però è detto per facezia giurisperito.
  3. Credo anch’io colla maggior parte dei commentatori, che questa sia un’altra tiratina d’orecchi a quel Crispino da Canopo liberto di Domiziano, intorno al quale vedi la nota 10.
  4. Per farsi un boccon da mangiare.
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