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prefazione xv

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Satire (Giovenale).djvu{{padleft:15|3|0]]jattura delle lettere antiche, ha discusso sì l’una come l’altra lite con gran corredo di sapere e sottilissimo acume di critica in una dissertazione «intorno al tempo della settima satira di Giovenale», pubblicata nel 1843; e nella prefazione che va innanzi all’edizione dello stesso poeta, da lui curata e stampata in Lipsia nel 1862. Da queste due scritture ho attinto una gran parte delle notizie e degli argomenti che mi serviranno a chiarire possibilmente questi dubbi: ed è giusta che io quì ne renda al degnissimo autore pubblica e grata testimonianza.

La settima satira porta con sè la sua fede di nascita; la quale deve essere avvenuta durante l’impero di Trajano, e piuttosto sul principio che sulla fine. Il suo colore, l’impeto e la veemenza lo dicono chiaro. Le satire che da segni manifesti appariscono scritte dal poeta posteriormente sotto Adriano, sono per questo lato molto distanti da quella: e tale distacco non si spiega altro che ammettendo un intervallo di parecchi anni tra questa e quelle. La settima satira, inoltre, comincia con un elogio dell’Imperatore, il quale è detto «l’unico sostegno e la speranza degli studi; il primo che in quei miseri tempi avesse rivolto un benigno sguardo alle afflitte Camene»:[1] e tale elogio non può rivolgersi che a Trajano. Quelli che opinarono doversi riferire

  1. Sat. VII.
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