< Pagina:Satire (Giovenale).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
SATIRA III
Umbrizio; ossia Roma è divenuta inabitabile.
Sebben mi renda grullo la partenza
Del vecchio amico, tuttavia lo lodo
Ch’abbia deciso di fissar sua stanza
Nella deserta Cuma, e fare il dono
D’un nuovo cittadino alla Sibilla.[1]
Di Baia essa è la porta,[2] amica spiaggia,
Grato ritiro: ed io Procida stessa
Alla Suburra preferisco.[3] E invero
Qual sito sì meschino e spopolato
Videsi mai, che non sia molto peggio
Star sempre con paura or d’un incendio,
Ora che un tetto ti ruini addosso,
caricamento di la:Page:Satire (Giovenale).djvu/151 in corso...
- ↑ Presso Cuma era la grotta della più famosa tra le Sibille, detta perciò Sibilla Cumea.
- ↑ I Romani che si recavano a Baja per villeggiare o prender bagni, dovevano passare da Cuma: però questa è detta la porta di Baja.
- ↑ La Suburra era una delle vie più popolate di Roma, e correva dal gran Foro all’Esquilie.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.