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di giovenale 57

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In qualunque paese, in qualsivoglia
Deserto è qualche cosa il poter dire:
«Qui son padron; questo cantuccio è mio». -
  In Roma più d’un malato si muore
Di veglia: ed un s’ammala per cagione
Del vitto poco sano, che si ferma
Nell’infiammato stomaco e impietrisce.
Qual casa infatti che a pigion si prenda,
Permette il sonno? Per dormire in Roma
Ci vogliono gran denari, e gran palazzi:
Ecco il fonte dei mali. Il viavai
Dei carri per i vicoli a sghimbescio
E stretti; il tafferuglio dei rissosi
Mulattieri che danno in qualche intoppo,
Scoterebber dal sonno il dormiglione
Druso pur anco[1] ed un vitel marino.
Se una faccenda lo richiama, il ricco,
Portato sulle spalle ben tarchiate
Dei servi, trotta via sopra le teste
Del volgo, che fa largo e si ritira.
E sì cammin facendo o legge, o scrive,
Ovver sonnacchia: perchè la lettiga

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  1. Claudio Druso Cesare, del quale Svetonio in Claud. 8. dice che dormiva molto e così sodo, che neppure lo scoppio d’un tuono poteva svegliarlo. Quanto ai vitelli marini o foche V. Plin. nat. IX. 13.
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