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72 | satire |
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L'incestuoso seduttor, che dianzi
Tirava alle sue voglie una velata
Sacerdotessa, che vivente ancora
Dovea scender sotterra.[1] Ma per ora
Di sue colpe più lievi: e tuttavia
Se di fare altrettanto un altro ardisse,
Dei costumi il censor lo arriverebbe.[2]
Ma ciò che è turpe ai buoni, a Tizio e Sejo,
Era bello a Crispin. Dunque che farne
D'un cosaccio più brutto e più schifoso
Dello stesso peccato? Ei per un barbio
Di sei libbre - così dicon coloro
Che gonfiano le cose anche più grando -
Diè sei mila sesterzi: tante libbre,
Tante migliaja. Io certo loderei
Simil consiglio, chi con un regalo
Sì costoso un bel lascito strappasse
Da un vecchio senza eredi; o meglio ancora,
Chi quel mandasse alla potente Dama
Che va per Roma in bussola serrata
Con larghi vetri. Or quì ben altro è il caso:
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- ↑ Una vestale, che avesse peccato di carnalità, doveva per una antica legge esser sepolta viva. Il modo di questa esecuzione vedilo in Plutarco, Vita di Numa. - Che poi Crispino si rendesse reo d'una simil colpa, è confermato anco dagli storici.
- ↑ È questa una sferzata a Domiziano, accennato sotto il nome di censore dei costumi, perchè aveva usurpato anche i diritti della censura: e mentre aveva punito la vestale Cornelia Massimilla ed il suo seduttore Celere, non si era dato per inteso della medesima colpa commessa da Crispino, suo cagnotto.