< Pagina:Satire (Giovenale).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

alla satira quinta 107

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Satire (Giovenale).djvu{{padleft:219|3|0]]23 Quale Ciacco di quei tempi. Dalla Libia o dall'Affrica traevano i Romani la maggior quantità di grano, e i tartufi che venivano di là erano stimati più squisiti.

24 Il testo dice: tamquam habeas tria nomina: cioè, se tu avessi tre nomi. Ogni cittadino romano, libero e ingenuo, aveva almeno tre nomi: il primo generalmente indicava la persona, ed era il prenome; il secondo, la casata, ed era il nome; il terzo la famiglia, ed era il soprannome. Li schiavi ne avevano uno solo, e i liberti in generale due, perchè aggiungevano al proprio il nome della persona che li aveva emancipati. Quindi non aver tre nomi equivaleva a non esser liberi.

25 Cioè se si desse il caso accennato di sopra, che tu doventassi ricco tutto ad un tratto, e volessi davvero far di Virrone quel che ti pare, procura di non aver figli, perchè allora esso, colla speranza di doventare tuo erede, si farà topo per servirti. Qui è chiara l'allusione a quelle parole che Virgilio fa dire a Didone abbandonata: Eneide iv. Si quis mihi parvus in aula luderet Eneas.

26 Perchè essendo tu poverissimo, la tua roba non gli fa gola.

27 L'imperatore Claudio era ghiottissimo dei funghi: e quando morì corse la voce che fosse stato avvelenato per mezzo di un ovulo dalla sua moglie Agrippina.

28 I giardini di Alcinoo Re dei Feaci, e gli orti delle sorelle Esperidi sono stati cantati da Omero nella Odissea.

29 Qui ho dovuto perifrasare alla lontana, perchè traducendo questo luogo in italiano non avrebbe avuto senso. Le parole di Giovenale son queste: «etruscum puero si contigit aurum, vel nodus tantum, et signum de paupere loro» cioè, se da ragazzo toccogli in sorte la pallottola d'oro, o anche solamente il segno di un nodo fatto al povero correggiuolo»; per intendere il qual passo bisogna richiamarsi alla mente una usanza degli antichi Romani, ed è questa. I ragazzi di condizione civile o libera portavano al collo, infilato in una piccola coreggia o legacciolo di cuoio, un coricino d'oro che chiamavasi bulla; e i nati di liberti, specialmente se poveri, vi portavano la semplice coreggia con un nodo in fondo. L'epiteto di etrusco ricorda che quest'uso era venuto di Etruria. Credevano i Romani che questa bulla fosse un amuleto contro le tristi influenze lunari.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.