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xxviii | prefazione |
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Mi proverò adesso a strigare l’altro viluppo, cioè qual fosse il luogo che ebbe l’onore di ospitare l’esule poeta. Questo punto, se non per sè, ha importanza per la nuova luce che sparge sul vero autore dell’esilio.
Io dissi già che per alcuni degli antichi questo luogo fu l’Egitto; per altri, la Scozia. Tale contradizione dimostra che fin d’allora si aveano dei dubbi; e che i sullodati testimonj, affermando l’un paese o l’altro, anzichè essere a ciò indotti da qualche valido e autorevole argomento, seguirono la propria opinione, formata sulla dubbia fama, e forse anche sulla interpretazione di due luoghi di Giovenale. Infatti verso la fine della seconda Satira, là dove si leggono queste parole: «noi abbiamo spinto dianzi le nostre armi oltre l’Ibernia, le Orcadi, e la Bretagna contenta di brevissime notti»;[1] ad alcuno è parso di vedere accennata la Scozia, in modo da far credere che il Poeta vi fosse stato: e nella satira decimaquinta, dove si narra un orribile eccesso della superstizione religiosa, commesso in una piccola città dell’Egitto, egli dice che quel popolo, «per quanto da lui si sapea di veduta», non era men feroce che lussurioso.[2]
Se non avessimo altri dati che questi, noi dovremmo lasciare tal questione insoluta, come