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prefazione xlix

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Satire (Giovenale).djvu{{padleft:49|3|0]]vivacità dei colori, dall’eloquenza il movimento e la forza, sa trovare dell’espressioni ardite e nuove come gli eccessi che aveva a dipingere. Tra lo stile di lui e quello di Orazio mi ci pare la stessa differenza, che fra Tacito e Cesare. Questi sono ammirabili per la morbidezza delle tinte, la finezza dell’impasto e delle sfumature; quelli per l’austerità del disegno, la rilevatezza delle forme, la scultura dei caratteri: gli uni somigliano ad Andrea Del Sarto, al Correggio, a Raffaello; gli altri all’unico e terribile Michelangiolo. Fatte poche eccezioni, tutte le Satire del Nostro, sotto l’apparenza di una gran libertà, mostrano rigorosa unità negli argomenti, varietà e abbondanza di particolari, correttezza e regolarità nel tutto, armonia e corrispondenza nelle parti: il che a certuni è paruto fin troppo, e ne hanno biasimato il Poeta come di una pedanteria; se a torto o a ragione, non so. Anche quei tratti, che a prima vista ti sembrano aver meno che fare col soggetto, se tu li osservi bene, li troverai sempre ad esso strettamente legati e connessi. Questa sola licenza egli si prende talora. Non contento di aver detto le cose una volta, ci ritorna sopra, illustrandole con vari esempj ed imagini: e quando ti sembra ch’egli debba aver votato il sacco, eccotelo di nuovo a raffermare il detto coll’autorità di antiche sentenze, coll’appoggio di nuovi argomenti: e talvolta anco dalla fortuita menzione di una cosa piglia motivo di

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