< Pagina:Satire (Giovenale).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
liv prefazione

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Satire (Giovenale).djvu{{padleft:54|3|0]]serviti con brutte maniere e insolenza.[1] Vediamo il contrapposto fra le sale dorate dei favoriti dalla fortuna, e la squallida soffitta del povero. Là tutti i raffinamenti del lusso e della gola; là canti e balli di fanciulle spagnole, che colle più lascive movenze cercano di risvegliare la Venere accasciata del padrone: qua un misero nappo con sei bicchieri di legno, e un lettuccio così corto che i piedi restano di fuori.[2] Andiamo con lui sulle passeggiate, nell’arena, nel circo, dove saltimbanchi e strolaghi fanno loro arti, dicendo la ventura alle povere ragazze, che corrono a mostrar loro la mano e la fronte.[3] Ascoltiamo il sermone che fa il prete di Cibele alle beghine per cavarne serque d’uova e vestiti smessi.[4] Entriamo nella stanza d’abbigliamento delle dame, dove si tengon consigli, e si discute sul modo di acconciarsi, come si farebbe se si trattasse di cose gravissime, concernenti la salute e l’onore. Là vediamo le povere cameriere ripassate dal nerbo con pretesto che un ricciolo è più in su di un altro; ma realmente perchè la signora ha stizza del suo naso, che è brutto.[5] Ci sono aperti li scrigni delle sue corrispondenze galanti; svelati i suoi intrighi e furti amorosi, ai quali tengon

  1. Sat. V.
  2. Sat. XI, 162. III, 203.
  3. Sat. VI, 582.
  4. Sat. VI, 511 segg.
  5. Sat. VI, 487 segg.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.