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lvi | prefazione |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Satire (Giovenale).djvu{{padleft:56|3|0]]reggia, dal bordello alla Curia; e colle sue Satire alla mano potrebbe farsi una storia intima di Roma sotto i primi Imperatori da contentare i più curiosi.
Ma sono veramente di lui tutte le sedici Satire più sopra registrate? Fino a jeri, si può dire, non venne in capo a nessuno di dubitare dell’autenticità almeno delle prime quattordici: e solamente le ultime due furono da qualcuno tenute per apocrife; la sedicesima già fino dagli antichi scoliasti; la penultima, soltanto nel primo scorcio del secolo passato. Non sono però molti anni, parve al professore dell’Università di Kiel Ottone Ribbeck, da me già ricordato e notissimo fra i letterati per bella e meritata fama di profondo latinista, che solamente le prime nove e la undecima debbano aversi per genuine; ma la decima, la duodecima con tutte le altre che seguono, gli sembrano «non meno lontane dall’arte e dall’ingegno di Giovenale, che le declamazioni di Floro dai divini libri di Tacito»:[1] però le rigetta senza pietà come spurie, e uscite dalla penna «di un poetastro affamato; il quale, prestandosi alla speculazione di qualche librajo avido di guadagno, abbia voluto in un’edizione postuma pigliare a gabbo la pubblica credulità, e tirar vantaggio dal credito e favore in cui era
- ↑ D. J. Juvenalis Satirae; edidit Otto Ribbeck. Lipsiae, 1859. Praef. IX.