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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Scientia - Vol. IX.djvu{{padleft:312|3|0]]e l’altra, delle quali cose fu grande e imperitura lode del popolo Greco. Pure il libro dello Schiaparelli sull’astronomia nella Bibbia segna un progresso notevole delle cognizioni nostre sul difficile argomento, sicchè ebbe tosto l’onore di due traduzioni, una in tedesco l’altra in inglese.

Mai stanco e mosso sempre dalla sua sete insaziabile di sapere, passò lo Schiaparelli, con spontanea evoluzione della mente, dallo studio del popolo eletto a quello dei Babilonesi, dei quali, grazie alle moderne scoperte archeologiche fatte sui documenti tratti dalle rovine di Ninive e di Babilonia e dai vecchi templi della bassa Caldea, conosceva l’alto grado di civiltà raggiunto e l’importanza delle cognizioni astronomiche. Scrisse egli dapprima sulle osservazioni di Venere e delle opposizioni di Marte fatte dai Babilonesi, descrisse in seguito le varie fasi per le quali è passata l’astronomia babilonese, fece di questa un quadro di massimo interesse in due Memorie preziose pubblicate in questa rivista “Scientia„ e intitolate l’una «Sui primordi dell’Astronomia presso i Babilonesi» l’altra «Sui progressi dell’Astronomia presso i Babilonesi».[1]

Sono questi gli ultimi due lavori storici pubblicati dallo Schiaparelli, ma essi non segnano gli ultimi confini degli studî suoi sull’astronomia presso gli antichi. Non ignorava egli le importanti ricerche fatte a partire dalla metà del secolo XIX sulla letteratura e sulle antichità degli Indiani; conosceva i libri sanscriti di astronomia venuti fuori dalle tenebre loro secolari e pubblicati da Thibaut; ben sapeva che i docucumenti relativi all’Astronomia indiana possono oggi presentarsi secondo un ordine istorico sicuro nelle sue linee principali. E neppure all’India si arrestavano le cognizioni storico-astronomiche sue, poichè gii studî suoi aveva estesi all’Astronomia di tutti i popoli di più antica civiltà, compresi i Cinesi, e per essi appunto era portato ad affermare con scienza e coscienza «non esservi capitolo dell’Astronomia antica nel quale le innovazioni portate dai nuovi studi non abbiano introdotto cambiamenti radicali, e il quale non debba per conseguenza essere o parzialmente o anche interamente rinnovato». E intorno a una nuova storia dell’Astronomia antica stava egli lavorando quando morte l’incolse.[2]


  1. «Scientia ― Rivista di Scienza», Vol. III, N. V-1 e N. VI-2.
  2. Rendiconti della R. Accademia dei Lineei, Vol. XIX, Serie 5.a fasc. 10.°
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