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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Scientia - Vol. VII.djvu{{padleft:114|3|0]] piziatorio verso i propri simili, potè tale abitudine venire estesa anche verso altri esseri, supposti animati da motivi di condotta analoghi ai loro propri. Il primo uomo che si gettò faccia a terra non più soltanto dinanzi ad altro uomo, quello fu il primo credente e il primo fondatore di tutte quante le religioni.
L’esperienza però insegna che fra gli atti propiziatori, fatti verso gli stessi propri simili, alcuni riescono ed altri no; nè questi atti non riusciti possono infirmare il valore di quelli riusciti. Lo scacco tenderà, anzi, a venire attribuito, come è il caso infatti molto spesso, a qualche errore o lacuna nell’atto propiziatorio stesso. Quindi, anche per gli atti propiziatori religiosi, i replicati loro scacchi non possono scuotere la fede nella loro utilità; fede, d’altra parte, di continuo rafforzata dai fortuiti rari successi, e che di rimbalzo rafforza allora il presupposto animistico da cui essa ha preso le mosse. È così che gran parte della complicazione degli atti e riti religiosi, le rigorose e minute prescrizioni che s’impone l’orante o il sacrificante provengono appunto dall’intento di perfezionare e completare sempre più l’atto propiziatorio stesso, alla cui imperfezione e incompletezza vengono attribuiti molti degli scacchi patiti[1].
L’abito mentale di propiziazione si aggiunge così al presupposto originario animistico per produrre e sviluppare e consolidare, presso le menti primitive, la fede religiosa. Tuttavia ciò non basta ancora a spiegare come mai questa fede perduri tenace anche presso menti umane infinitamente superiori a quelle primitive, ad onta che l’esperienza sempre più larga mai fornisca ad essa un appoggio positivo ed anzi la mini di continuo con sempre nuove smentite che le sviluppate facoltà raziocinatrici dovrebbero saper fare apprezzare al loro giusto valore, e ad onta sopratutto della contraddizione che a poco a poco sorge e si fa sempre più stridente fra l’abito mentale che attribuisce la fenomenalità cosmica al libero giuoco di una o più volontà del tutto arbitrarie e l’altro scientifico, che viene a mano a mano imponendosi, che riconosce l’esistenza di invariabili leggi della natura.
Si è ricorso all’uopo all’azione inibitoria e deformatrice che gli stati emotivi ed affettivi intensi esercitano sulle facoltà
- ↑ Cfr. G. Foucart, op. cit.: La méth. comp. dans l’hist. des rel., 155.