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ipotesi e realtà nelle scienze geometriche 3

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Scientia - Vol. VIII.djvu{{padleft:11|3|0]]cano a tenerne d’occhio lo spessore, che è trascurabile di fronte alla lunghezza, quel che ci colpisce di più sono certe caratteristiche di omogeneità e di simmetria dell’oggetto. Ed allora per un processo di astrazione, ci formiamo un’immagine che del filo o del raggio possegga soltanto le proprietà che più ci hanno colpito.

E neppure deve credersi che quest’immagine s’imprima subito nella nostra mente, dopo una prima osservazione. Si può ritenere con Ardigò[1] che l’immagine percepita per mezzo della retina, non sfumi dal nostro cervello dopo che l’oggetto non ci è più dinanzi, ma che col tempo vadano vieppiù illanguidendosi le caratteristiche che meno ci hanno colpito. Così a poco a poco e con successive integrazioni dei dati visivi con altri dati, forniti specialmente dal senso muscolare, si compie il processo d’astrazione.

Le figure geometriche non sono dunque che pure creazioni dello spirito. Ma non è perciò men vero che le nostre deduzioni intorno ad esse possono avere ed hanno un’effettiva portata pratica, nelle questioni in cui sieno praticamente trascurabili gli elementi dai quali abbiam fatto astrazione figurandoci lo schema e ragionandovi d’attorno.

Questa condizione segna anzi i limiti d’applicabilità della matematica. Per arrivare ad una previsione concreta sopra un determinato oggetto, ci è spesso giocoforza di trascurarne alcune caratteristiche, onde ottenere uno schema semplice attorno a cui sia possibile ragionare senza smarrirsi. Orbene, il processo matematico perde tutta la sua forza, quando non si possa anticipatamente segnare l’ordine di approssimazione che così può conseguirsi. In pratica tale ordine di approssimazione non dipende dalla nostra volontà, ma dalla maggiore o minore complessità del fenomeno che si schematizza, e sopra tutto dal genere di strumenti che si adoperano nella ricerca sperimentale.[2]

Le varie scienze potrebbero così graduarsi rispetto alla loro minore o maggiore docilità a lasciarsi trattare dall’istru-

  1. Ardigò, L’inconscio («Rivista di filosofìa e scienze affini», Padova, ottobre-dicembre 1908).
  2. Veggasi p. e. in Enriques (op. cit. pag. 274) la interpretazione fisica del teorema: In un triangolo isoscele gli angoli alla base sono uguali. Ivi si troveranno citate anche le lezioni in cui il Klein, pel primo, trattò questo ordine di questioni.
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