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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Scientia - Vol. VIII.djvu{{padleft:16|3|0]]dimensioni di un continuo alla determinazione locale degli elementi mediante coordinate. Entro un continuo ad n dimensioni un elemento si può localizzare coi valori di n numeri, che restano coordinati all’elemento[1].

Così nella mia stanza la posizione di un punto può esser determinata da tre numeri: le distanze dal pavimento, dalla parete dietro di me e da quella alla mia destra.

Ma a proposito dei continui a più di tre dimensioni, mi si obietterà che la definizione riferita è del tutto ipotetica.

Va bene, li avete definiti; ma ce ne sono poi?

Sì; anche restando nel campo dell’ordinaria intuizione, si può darne quanti esempi si vuole, purché naturalmente si rinunci a prendere come elemento del continuo il punto.

Il nostro stesso spazio diventa un continuo a quattro dimensioni, quando s’imagini generato dalle rette, anziché dai punti. Ciò vuol dire insomma che per fissare la posizione di una retta nello spazio, ci vogliono quattro coordinate. La cosa è molto semplice e non bisogna perciò lasciarsi suggestionare dalle parole e far loro dire più di quanto i matematici abbiano con esse voluto significare.

La nozione di spazio ad n dimensioni è una delle cose che i profani — senza andar troppo al di là del nome — citano spesso come una delle maggiori stramberie della geometria moderna. E non mancano di quelli che, avendone una conoscenza meno superficiale, ci costruiscono sopra le più giocose fantasticherie.

E non sempre fanno le cose per burla. Son troppo note, perchè io abbia bisogno di ricordarle anche una volta, le

  1. Con un’analisi un po’ accurata, che è stata fatta da Enriques (Sulle ipotesi che permettono l’introduzione delle coordinate in una varietà a più dimensioni, «Rendiconti del Circolo matematico di Palermo», t. XII, 1898), si riesce a precisare sotto quali ipotesi, non involgenti affatto determinazioni di misura, sia possibile localizzare un elemento entro un continuo ad n dimensioni, mediante n coordinate. Questo risultato si oppone ad una obiezione filosofica che è stata rivolta contro la tesi empiristica di Riemann. Volevate mostrare — gli è stato infatti obiettato — l’origine empirica degli assiomi geometrici, e non vi siete accorto d’aver posto a priori le condizioni per la misurabilità? (Cfr. B. Russell, Essai sur les fondements de la géométrie, traduit de l’anglais par M. Cadenat; Gauthier-Villars, Paris, 1901; pp. 80-83).
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