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24 | “scientia„ |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Scientia - Vol. VIII.djvu{{padleft:32|3|0]]poco una delle ingegnose e seducenti imagini del Poincaré, per mostrare come gli argomenti più formidabili ch’egli adduce in appoggio alla relatività dello spazio, si possano ritorcere contro la sua stessa tesi nominalista!
Imaginiamo un mondo racchiuso in una grande sfera e supponiamo che la temperatura assoluta sia ivi distribuita con una tal legge, che risulti massima al centro, decrescente continuamente dal centro alla superficie sferica e nulla sulla superficie stessa.[1] Suppongasi inoltre che ogni corpo, animato o inanimato, movendosi dentro la sfera, assuma istantaneamente lo stato calorifico della regione che viene ad occupare.
Gli abitanti di un tal mondo fantastico si raffreddano avvicinandosi alla sfera limite ed essi ed i lor passi vanno perciò gradatamente impicciolendo, sicché se quei poveretti volessero raggiungere le colonne d’Ercole del loro mondo, s’accingerebbero ad un lavoro melanconicamente e infinitamente vano come quello delle Danaidi.
La vittoriosa spedizione polare del comandante Peary sarebbe un’inezia al paragone, giacchè l’ardito esploratore ha trovato ai poli qualcosa più dello zero assoluto e, almeno che si sappia, non è arrivato alla meta ridotto alle miserevoli condizioni di un punto!
In conclusione il mondo che noi ci figuriamo parrebbe infinito e illimitato a’ suoi abitanti. E che perciò? Dobbiam forse dire ch’essi scambiano l’illusione colla realtà? Per loro, con quelle date esperienze e con quel dato modo di percepirle, la sfera sarebbe positivamente, realmente, infinita e illimitata.
Affermare il contrario non si può, senza pretendere d’imporre la nostra geometria come verità assoluta, rivelata.... Cosa che nel caso presente potremmo forse fare senza troppi scrupoli, da che l’aver creato un mondo, come noi ora abbiamo fatto, dà pure qualche diritto.
Dire — come fa il Poincaré[2] — che lo spazio è amorfo e che l’adottare una geometria piuttosto che un’altra significa soltanto dar lo stesso nome a cose diverse, non equivale forse a supporre l’esistenza di uno spazio di paragone indi-