Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
336 | “scientia„ |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Scientia - Vol. X.djvu{{padleft:344|3|0]]sarà riuscito a frenare i suoi slanci generosi, mercè la tendenza opposta di evitare un simile ridicolo. L’attenzione che desta il «nuovo» è parimente il prodotto d’un contrasto affettivo, che nasce dal fatto che l’oggetto, appunto perchè nuovo, non è stato ancora «classificato affettivamente», e quindi desta tema e desiderio ad un tempo. Se i limiti dello spazio impostoci ce lo permettessero, sarebbe facile dimostrare che ogni e qualsiasi «classificazione» ha sempre, direttamente o indirettamente, un fondo affettivo. Il principio su cui essa riposa, sta, originariamente, nel fatto che ogni sensazione o percezione dei sensi a distanza non è, per l’organismo, che il simbolo d’una situazione ambientale eventuale, prossima o lontana, desiderabile o da evitarsi. Quando questo simbolo non è stato ancora classificato indi’una o nell’altra categoria, le due affettività opposte di tema o di desiderio si contrappongono, mantenendosi in uno stato di reciproca sospensione: antagonismo che si rende manifesto, p. es., nel bambino titubante a prendere la decozione d’un colore insolito che gli presenta per la prima volta la madre, perchè non sa ancora se sia da mettersi fra le cose dolci o le cose amare, e nell’animale da preda (piando, alla vista d’un animale di aspetto «strano», incerto se si tratti d’un eventuale nemico temibile o d’una possibile preda, mette istintivamente in tensione tanto i muscoli dell’attacco che quelli della fuga.
La «curiosità» non è che una delle forme più leggere di questo contrasto affettivo, o stato d’attenzione speciale, prodotto dal nuovo: «Il bisogno di conoscere, nella sua forma istintiva, si chiama curiosità. Essa ha cutti i gradi, dall’animale che palpa e annusa fino a un Goethe che scruta tutto, vuol saper tutto e tutto abbracciare». — «La curiosità consiste in due questioni poste implicitamente od esplicitamente: Ohe cosa è questo? A che serve! Il cane che, davanti a un oggetto sconosciuto, lo guarda, lo annusa, vi si avvicina, se ne allontana, si azzarda a toccarlo, ritorna e ricomincia, prosegue questa investigazione a suo modo: esso risolve un duplice problema di natura e di utilità»[1].
Invece, il «non-nuovo» — e può essere tale anche il singolo oggetto che si presenti ora per la prima volta — è
- ↑ Th. Ribot, Psychologie den sentiments, Paris, Alcan, 1906, pag. 369-371.