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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Scientia - Vol. X.djvu{{padleft:346|3|0]]le due affettività in contrasto, senza le quali, qui come sempre, non vi sarebbe ne potrebbe esservi uno stato d’attenzione vero e proprio.

Una volta riconosciuta così l’intima natura di contrasto affettivo, che questi pochi esempi ora passati in esame ci hanno dimostrato essere propria di ogni e qualsiasi stato di attenzione, allora tutte le altre proprietà che accompagnano sempre un tale stato ci si appalesano senz’altro come altrettante semplici e dirette conseguenze di questa sua natura.

Anzitutto risulta subito l’improprietà della definizione che dell’attenzione dà il Ribot quando chiama quest’ultima uno stato di «monoideismo relativo». Essa, nel caso, potrebbe dirsi uno stato di «monoaffettivismo in sospensione», ma, da (pianto abbiamo visto, vale ancora meglio definirla come uno stato di «duplice affettivismo in contrasto»[1]. Risulta poi senz’altro errata la teoria motrice o «periferica» di questo autore: «I movimenti della faccia, del corpo, delle membra e i cambiamenti nella respirazione che accompagnano l’attenzione sono essi semplicemente, come si ammette d’ordinario, degli effetti, dei segni? Oppure sono invece le condizioni necessarie, gli elementi costitutivi,i fattori indispensabili dell’attenzione? Noi ammettiamo questa seconda tesi senza esitare»[2].

Mentre del tutto giuste appaiono le cosiddette teorie dell’«origine centrale»[3].

L’attenzione, infatti, è un fenomeno psicologico «centrale» in quanto tali sono il destarsi dell’affettività primaria o attiva e il contro-destarsi di quella secondaria o sospensiva. Essa è dunque, anzitutto, un fenomeno essenzialmente affettivo, e solo indirettamente, in via subordinata, diviene anche un fenomeno motorio, pel fatto che il destarsi di ogni e qualsiasi affettività dà sempre luogo a fenomeni motori e periferici, i quali però non sono che concomitanti e derivati.

  1. Cfr. Th. Eibot, Psychologie de l’attention, Gme éd., Paris, Alcan, 1902, pag. 6-8,
  2. Ribot, ibid., 32.
  3. Cfr., p. es., J. Sully, The psycho-phisical Process in Attention, «Brain», Summer Number 1890, London, Macmillan, in ispecie pag. 155157; e: Vaschide et Meunier, La psychologie de Vattention, Paris, Bloud, 1910, pag. 196 e seg.
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