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Sonetti del 1828 13

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ALLE MANO D’ER SOR DIMENICO CIANCA.[1]

SONETTO DE POVESIA.

  Lo storto[2], che vva immezzo a la caterba[3]
De quelle bbone lane de Fratelli,
Che de ggiorno se gratta li zzarelli,[4]
4Eppoi la sera el culiseo se snerba,[5]

  M’ha dditto mo vviscino all’Orfanelli[6]
Quarmente in ner passà ppe’ la Minerba,[7]
Ha vvisto li scalini pieni d’erba,
8De ggente, de sordati e ggiucarelli;

  Co’ l’occasione[8] c’oggi quattro agosto
È la festa d’er zanto bbianco e nnero,[9]
Che ffa li libbri e cchi li legge, arrosto.

  12Ho ffatto[10] allora: “Oh ddio sagranne,[11] è vvero!
Làsseme annà da Menicuccio er tosto,[12]
A bbeve un goccio[13] de quello sincero.„

4 agosto 1828.


  1. Biagini. [Grande amico del Belli, e da lui soprannominato Cianca, cioè zanca, gamba, perchè camminava lemme lemme.]
  2. N.... Nalli, veramente storto e devoto, come si dice qui sopra.
  3. [Caterva.]
  4. [I genitali. Cioè: “sta in ozio.„]
  5. [I Fratelli detti volgarmente Mantelloni andavano in certe sere della settimana a snerbarsi sulle parti deretane nell’Oratorio del Caravita. V. la nota 1 del sonetto: Li fratelli ecc., 19 dic. 32.]
  6. [All’Ospizio degli Orfani.]
  7. [La Chiesa di Santa Maria sopra Minerva, dei PP. Domenicani, e nella quale è una cappella dedicata a san Domenico.]
  8. [Con l’occasione che: perchè]
  9. [Così è infatti l’abito di san Domenico e de’ suoi frati.]
  10. [Ho detto.]
  11. [Eufemismo, in luogo di dio sagrato.]
  12. [Il duro, il sostenuto.]
  13. [Un gocciolo.]
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