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Sonetti del 1831 | 113 |
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LE TRIBBOLAZZIONE.
Questo pe’ Cchecco. In quanto sii[1] poi Tèta,[2]
Nun mé la pòzzo disgustà, ssorella.[3]
Biggna[4] che mmé la còccoli,[5] chè cquella
4Sa ttutte le mi’ corna dall’A ar Zeta.
L’ho dda sbarzà?![6] Tté la direbbe bbella!
E indóve ho da mannàmmela? A Ggaeta,
Dove le donne fileno la seta,[7]
8E ll’ommini se spasseno a ppiastrella?[8]
Iddio che nun vò ar monno uno contento,
Mé l’ha vvorzùta[9] dà ppe’ ccrosce mia,
Perch’io nun averebbe antro tormento.
12Con chi l’ho da pijjà? ’ggna[10] che cce stia,
E che ddichi accusì, mettenno drento:[11]
“Fiàtte volontà stua e cussì sia.„
Terni, 30 settembre 1831.
- ↑ [In quanto sia: in quanto riguarda.]
- ↑ [Teresa.]
- ↑ [Amica, cara mia, ecc.]
- ↑ Bisogna.
- ↑ Coccolare: lusingare, piaggiare, accarezzare ecc. [Da còcco, che corrisponde al toscano “ciocio„ e “ciocino„.]
- ↑ Balzar via.
- ↑ [È detto per celia, alludendo a un notissimo gioco fanciullesco, la cui filastrocca comincia con le parole: Seta-moneta, Le donne de Gaeta, Che fileno la seta, ecc. V. vol. VI, pag. 24, nota 11.]
- ↑ [Si spassano al gioco delle piastrelle. Detto anche questo per celia.]
- ↑ [Voluta.]
- ↑ [Accorciamento di biggna, bisogna.]
- ↑ Nascondendo il rancore.
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