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154 Sonetti del 1831

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NUN ZEMPRE RIDE LA MOJJE DER LADRO.[1]

  Pe’ ffasse strascinà[2] Mmenica zózza,[3]
Chi nu' lo sa?, rinegheria la fede:
E tte fa spesce[4] si mmó vva in carrozza?
4Lasscia fà: ciarivedèmo appiede.[5]

  Sin che ddura la robba de Pressede,
Lei se la ride, se la sciala, e strozza.[6]
Scórta[7] poi che ssarà, tu ll’hai da vede,
8Uf[8] l’hai da vede piaggne a vvita mozza.[9]

  Cuella bbenedett’anima requiesca
Se sscervellava[10] pe’ arricchì er marito;
E llui se va a spiantà ppe’ sta ventresca![11]

  Nun ze n’accorge, mo cch’ha er fiasco empito;
Ma llasselo aridùsce[12] all’acqua fresca,
15E a ttè, Ccannella[13] a mmozzicatte er dito!


Terni, 8 ottobre 1831

.

  1. Proverbio
  2. Per andare in carrozza.
  3. Sozza.
  4. [Specie, meraviglia.]
  5. [Ci rivediamo, ci rivedremo a piedi.]
  6. Mangia.
  7. [Finita.] Colla o stretta come corta.
  8. Interiezione esprimente persuasione intima.
  9. [A guisa di vite mozzata. E in Toscana, con la stessa immagine: “piangere come una vite tagliata.„]
  10. Si stordiva in pensieri.
  11. [Propriamente, “la carne delle costole del maiale salata. Carnesecca a Firenze, rigatino in altre parti di
    12Toscana.]
  12. Ridurre.
  13. La voce Cannella è un puro ripieno.
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