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184 Sonetti del 1831

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LA COMMEDIA

  Tata, ch’edè cqui ssù? — La Piccionara.[1]
Tata, e nun c’è gnisuno? — È abbonora. —
Chi è quella a la finestra?[2] — Una signora. —
E cquest’accant’a noi? — La lavannara. —

  Uh quanta ggente! E indove stava? — Fora. —
E mmó? — Ssona la tromma.[3] — ... Cuant’è ccara!
E sto lampione[4] immezzo c’arippara? —
Poi lo tireno sù. — Nun vedo l’ora!

  Chi cc’è llà ddrento in cuella buscia scura? —
C’è er soffione.[5] — E sti moccoli de scera? —
Sò ppe’ la zinfonìa. — Sì? E cquanto dura? —

  Zitta, va ssù er telone.[6] — ... Ih! è ggente vera? —
Ggià. — E cquelli tre chi ssò? — Rre da frittura,[7]
Che cce viengheno A un pavolo pe’ ssera.


Roma, 23 ottobre 1831 - D’er medemo

  1. Ultimo ordine di palchi.
  2. Palchetto.
  3. Il tuono dell’accordo.
  4. Il lampadario.
  5. Il suggeritore.
  6. Il sipario.
  7. La frittura è il pesce minuto e dozzinale.
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