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188 Sonetti del 1831

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ER DUE DE NOVEMMRE

  Oggi che ssò li Morti, di’ un po’, Ammroscio,[1]
Vienghi a vvedé l’Arippresentazzione?
E cc’hai pavura, che cce ssii bbarbone?
Oh statte zitto che mommó te sfroscio.[2]

  E io cazzaccio mó che mme ce svoscio![3]
Omo de mmerda, cimiscia,[4] cacone.
Du’ pupazzi de scera e dde cartone
Sò ddiventati bbobo e mmaramoscio![5]

  Oh, ppe’ li schertri[6] poi der cimiterio
Cqui la raggione è ttua: cqui er guaio è ggrosso!
Tante teste de morto! eh, un fatto serio!

  Vedo però che cquanno dài addosso
A le galline de padron Zaverio,
Nun tremi un cazzo d’arrivajje all’osso.


Roma, 2 novembre 1831 - D’er medemo

  1. Ambrogio.
  2. Le fròce sono le “narici„.
  3. Svòcio: ci perdo il fiato.
  4. Cimice.
  5. Nomi di due larve di spauracchio.
  6. Scheletri.
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