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190 Sonetti del 1831

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FIDASSE È BBENE, E NNUN FIDASSE È MMEJJO

  Pe’ ste tu’ communelle co’ Ttomasso
Hai da stà fresco tu ccom’er pancotto.
Cuello è un gargante[1] che nun move un passo
Si nun ce viè la su’ morale sotto.

  Dijje le tu’ bbudelle chè stai grasso!
Seguita a cconfettà sto galeotto:
E cquanno hai gusto d’arimane a spasso,[2]
Lasselo lavorà ssotto cappotto.

  In-primi-e-Antonia[3] te vò ffà ccornuto:
Ma cquesto è ggnente: eppoi cór tu’ padrone
Te buggera a la dritta e ssenza sputo.

  E tu, abbasta opri bbocca un chiacchierone,
Vai ’n estis,[4] t’incecischi,[5] resti muto
Come parlassi[6] er gran Re Salamone.


Roma, 14 novembre 1831 - Der medemo

  1. Uomo di dubbia fede.
  2. Di rimanere senza impiego.
  3. In primis et ante omnia.
  4. In estasi.
  5. T’imbalordisci.
  6. Parlasse.
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