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240 | Sonetti del 1831 |
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LI MUSI DE LEI
Vèstete via, nun fâmo regazzate:
Per oggi nun vô ppiove:[1] è ttempo grasso.[2]
Ma nnun è ttempo, nò, dde fà ffracasso:
Nu le vedi le nuvole squarciate?
Le carrettelle ggià ssò ttutte annate?[3]
E nnoi se[4] n’anneremo a spass’a spasso.
Che cc’è da Ripa a Papaggiulia?[5] un passo.
Poi, sibbè[6] ppiove, pioveno sassate?!
Che ffiocca! fiocca er cazzo che tte frega!
Mó ddo de guanto[7] a un manico de scopa,
E tte tratto ppiù peggio de ’na strega.[8]
Che ffate a ccasa? nun c’è mmanco Muccio![9]
Volete restà ssola, sora Popa,[10]
Come un torzo de cavolo[11] cappuccio?
30 novembre 1831 - De Pepp’er tosto
- ↑ Non vuol piovere.
- ↑ Tempo grasso è quando l’atmosfera si vede ingombra di nuvoli immobili e come incantati.
- ↑ Sono tutte andate.
- ↑ Ce.
- ↑ Dalla Ripa Grande in Trastevere sino al luogo suburbano detto Papa-Giulio, e dal popolo Papaggiulia, correrà una distanza di circa una lega.
- ↑ Sebbene.
- ↑ Dar di guanto, a ecc.: afferrare.
- ↑ La scopa vuolsi essere il flagello delle povere streghe.
- ↑ Giacomuccio.
- ↑ Personaggio da marionette.
- ↑ Restar sola come un cavolo, vale: “esser lasciato da tutti„.
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