< Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
246 | Sonetti del 1831 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi I.djvu{{padleft:558|3|0]]
E SSETTIMO MADRIMONIO
Saria bbuscìa de dì che cquasi tutto
Quello che ss’è inventato er padreterno
Nun zii[1] cór zu’ perchè. L’istate è assciutto
Perchè vvòrze creà zzuppo l’inverno.
Perchè ha ccreato er porco? p’er presciutto.
Perchè la carn’umana? p’er governo.
Perchè li turchi? pe’ ccavà un costrutto
Dell’antro Monno e nun spregà l’inferno.
Ma cquanno fesce er zanto madrimonio,
Pe’ nnun fajje[2] sto torto che ddormissi[3]
Bisogna dì cche lo tentò er demonio.
Certo chi ppijja mojje è un gran cazzaccio:
E ha rraggione er francese che ssentissi[4]
Ch’er madrimonio lo chiamò marraccio.[5]
9 dicembre 1831 – D’er medemo
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.