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Sonetti del 1832 101

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  Tu?! così mingherlino e tristanzuolo,
Sparutel, segaligno e lanternuto,
Che se ti soffia addosso uno starnuto,
Te ne voli in Sicilia o nel Tirolo!
  Deh al tuo petto sottil non crescer danno,
Nè ridurti la bocca un letamaio
Sol per far quello che cert’altri fanno.
  E la morte che paghi al tabaccaio,
Folle, cangiala in libri, e ti daranno
Viver più lungo ed onorato e gaio.]

L'ANNO-SANTO

  Arfine, grazziaddio, semo arrivati
All’anno-santo! Alegramente, Meo:[1]
Er Papa ha spubbricato er giubbileo
Pe’ ttutti li cristiani bbattezzati.

  Bbeato in tutto st’anno chi ha ppeccati,
Ché a la cuscenza nun je resta un gneo![2]
Bbasta nun èsse ggiacobbino o ebbreo,
O antra razza de cani arinegati.

  Se leva ar purgatorio er catenaccio;
E a l’inferno, peccristo, pe’ cquest’anno
Pôi fà, ppôi dì, nun ce se va un cazzaccio.

  Tu vvà’ a le sette-cchiese[3] sorfeggianno,
Méttete in testa un pò’ de scenneraccio,
E ttienghi er paradiso ar tu’ commanno.


Terni, 7 novembre 1832

  1. Bartolommeo.
  2. Neo.
  3. Visita di sette chiese privilegiate, rimunerata dai Papi con infinite indulgenze.
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