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Sonetti del 1832 3

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CASTER-ZANT’-ANGELO I

  Quer dottor de Saspirito in zottana[1]
C’a Ttuta, aggratis, je guarì la tiggna,
Che ll’anpassato la portò a la viggna
E st’agosto j’ha ffatto da mammana,

  Disce che, a la Repubbrica Romana,
Lassù, ppe’ vvia de ’na frebbe maliggna
C’era invesce dell’angelo una piggna[2]
E Ccastello era la gran Mola driana.[3]

  Accidenti! che bbuggera de mola!
Averanno impicciato tutt’er fiume
Co li rotoni de sta mola sola!

  Oh vvarda,[4] cristo!, come va er custume!
Mascinà pprima er grano pe la gola,
Eppoi pell’occhi fà ggirelli e ffume![5]

6 gennaio 1832.

  1. Gli addetti allo spedale di Santo Spirito indossano una veste turchina, consimile a una zimarra.
  2. Confusa allusione alla pestilenza del...., alla cui occasione fu inalzata la statua di bronzo di S. Michele Arcangelo dove era la pina [piggna] di bronzo.[La pestilenza è quella della fine del sesto secolo, durante la quale l'Arcangelo sarebbe apparso a san Gregorio Magno, mentre questo si recava processionalmente alla Basilica Vaticana, per implorare da Dio la cessazione del flagello. Ma la statua, opera di Raffaello di Montelupo, fun inalzata nel sec. XVI, sotto il pontificato di Paolo III. Al principio del settimo secolo, cioè poco dopo cessata la peste, Bonifacio IV aveva bensì eretto sul maschio e dedicato a san Michele una cappella.]
  3. Mole Adriana.
  4. Guarda.
  5. [Perchè ora a Castel Sant’Angelo s’incendiano i fuochi d’artifizio.]
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