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120 | Sonetti del 1832 |
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ER LEGNO A VVITTURA
Eh ttrotta p’er tu’ cristo che tte strozza:
Ch’edè sto trainanà[1] da cataletto?
Varda che bbestie da vennesse[2] in ghetto!
Nun pareno somari de la mozza?[3]
Sai cuant’è mmejjo de marcià in carretto,
Che dd’annà a spasso drent’a sta carrozza?
Se discurre che ggià cquela[4] barrozza,
Va’,[5] cc’è ppassat’avanti un mijjo netto!
Io che ccucchiere sei me sce[6] strasecolo;
E mme fa spesce a mmé dde padron Fabbio,
Pozzi campà ccent’anni men’un zecolo.
Su, sfrusta ste carogne senza peli,
Che ppare che ccarreggino lo stabbio
O pportino er bambin de la Resceli.[7]
In vettura da Nepi a Monte Rosi, |
- ↑ Quel moto lento e nauseante de’ legni che van piano.
- ↑ Vendersi.
- ↑ Vendemmia.
- ↑ Quella. Onde ben pronunziare la quantità di questa parola, conviene quasi formare un piede dattilo tra essa e la precedente: gi?-cquel?.
- ↑ Guarda, vedi.
- ↑ Mi ci.
- ↑ Gli zoccolanti di S. Maria in Aracoeli sul Campidoglio conducono, chiamati, un miracoloso Cristo in fasce gemmate ai moribondi per ultima medicina; e vanno a quel mercato in una vettura a lentissimo passo.
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