< Pagina:Sonetti romaneschi II.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

Sonetti del 1832. 179

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi II.djvu{{padleft:189|3|0]]


ER GIORNO DE NATALE[1]

[2.]

  Sti poveri canonichi stanotte
Nun hanno fatto antro c’una vita:
Canta che tt’aricanta![2] eh a ffasse fotte
Sta galerra, per dio, cuann’è ffinita!

  Povera ggente! tanto bbrave e ddotte,
Si ddureno un po’ ppiù, pe’ llòro è ita!
Bbono che ppoi c’è er zugo de la bbotte,
Pe’ rrimetteje er zangue a la ferita.

  Anzi, stanotte, ciaripenzo mone,[3]
Sempre è stato a bbullì ccerto callaro[4]
Pieno d’acquaccia e petti de cappone.

  E ppe’ cquesto hai veduto, Orzola mia,
Che, de sti preti sciorcinati,[5] un paro
Ne curreva ogni tanto in zagristia.

  1. [Questo sonetto è senza data. Ma dall’essere scritto dietro al precedente, e dalla sua affinità con esso, mi par chiaro che dovesse collocarsi qui.]
  2. Canta e ricanta, sempre cantare.
  3. Ci ripenso ora.
  4. Caldaia.
  5. Meschini, tapini.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.