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Sonetti del 1832. 183

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ER GIUDISCE

  Li mozzini[1] de Roma, sor Dodato,[2]
Propio nun hanno un fir[3] d’aducazzione.
E cquanno sò a l’udienza in cuer zalone
Strilleno come stassino ar mercato.

  Chi vvò l’intìmo, chi la scitazzione,
Chi cchiede er giuramento e cchi er mannato,
Chi ingiuria er Cancejjere e cchi er Prelato;
E ttutti inzieme vonno avé rraggione.

  Jeri, a la fine, er Monziggnore mio,
Fattose inzino in faccia pavonazzo,
Sartò in piede e strillò: “Zzitti, per dio!

  Ch’edè, ssignori miei, sto schiaramazzo?
Se tratta cqua ch’è ggià un par d’ora ch’io
Do le sentenze senza intenne un cazzo„.


Roma, 1° dicembre 1832

  1. Mozzorecchi e mozzini diconsi in Roma i “legulei„.
  2. Deodato.
  3. Un filo.
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