< Pagina:Sonetti romaneschi II.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.
214 Sonetti del 1832

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi II.djvu{{padleft:224|3|0]]

UN'ANTRA USANZA

  Povero sor Canonico! è schiattato:
Se n’agnede[1] a l’entrà dde primavera.
Come ch’ebbe er bijjetto de prelato
Je pijjò un accidente, e bbona sera.

  Li creditori, appena fu ccrepato,
J’abbifforno la casa e cquanto sc’era;
Perchè llui pe’ spuntà cquer prelatato
Ce se spese, a ddì ppoco, una miggnera.[2]

  Bbono c’a le nipote ebbe cuscenza
D’ottenejje dar Papa sto conforto
De li scinqu’anni de sopravvivenza.[3]

  Sibbè in cuesto er Capitolo scià storto,[4]
Discenno ch’è una granne impertinenza
D’eguajjà un prete vivo a un prete morto.


Roma,5 dicembre 1832

  1. Se ne andò.
  2. Miniera.
  3. È uso non infrequente a Roma, sì nel civile, come, anche di più, nell’ecclesiastico, di accordare agli stipendiati alcuni anni di onorari dopo la lor morte, che per lo più servono a pagare i vizi della vita.
  4. Ci ha storto: dal verbo “starcere„, storce, cioè: “torcere la bocca„ in segno di disapprovazione o disgusto.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.