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224 Sonetti del 1832

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LE FREBBE

  Succede istessamente a mmi’ marito.
Si nun è una, è ll’antra sittimana,
Turutuf[1] j’arïoca[2] la terzana,
Che ssi lo vedi è ppropio arifinito.

  Li ggiorni che nun viè sta frebbe cana,
Sta mmosscio e arresta llì ttutto anniscito;[3]
E mme ggira pe’ ccasa cór marito,[4]
Freddo ppiù dde la pietra de funtana.

  Cuann’esce er zole, verz’er mezzoggiorno
Tanto s’azzarda mezz’oretta a spasso;
Ma cquanno piove me sta ssempre attorno.

  La notte poi lo lasso stà lo lasso.
Mo ffra de noi che cce pò èsse? un corno.[5]
Sia pe’ l’amor de Ddio: fascemo passo.


Roma,8 dicembre 1832

  1. Segno di ripetizione o sopravvegnenza.
  2. Traslato preso dal giuoco dell’oca, e vale: “ripetere il punto.„
  3. Tristanzuolo, assiderato, accidioso: di tutte queste cose un poco.
  4. Caldano.
  5. Nulla.
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