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Sonetti del 1832 239

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi II.djvu{{padleft:249|3|0]]una persona bendata, che deve trovare chi fa molti la colpì. Gattasceca, vatt’a ccerca chi tt’ha ddato è la frase di uso per indicarle il principio del suo giro. Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte


UNA DISGRAZZIA.

  Come so’ le disgrazzie! Ggiuveddì,
In d’un orto viscino a Bbervedé,[1]
Ciannassimo un tantino a ddivertì
Pepp’er chiavaro, Bennardino e mmé.

  Cuanto stassimo alegri! Abbast’a ddì
Che cce bbevessim’un barile in tre:
E vverzo notte, in de l’uscì de llì,
Pijjassimo er risorio[2] in d’un caffè.

  Ma ar tornà a ccasa poi, ner zalì ssù,
Cosa diavolo fussi io nu’ lo so,
Sbajjai scalino e mme n’agnedi[3] ggiù.

  Ste scale nu’ le vònno illuminà:
E ëcchete spiegato, Picchiabbò,[4]
Come so’ le disgrazzie a sta scittà.

Roma, 13 dicembre 1832.


  1. Belvedere: uno dei lati del Vaticano, rivolto ad oriente, a cui corrisponde il Museo Pio-Clementino-Chiaramonti.
  2. Rosolio.
  3. [Andiedi: andai.]
  4. [cognome o soprannome.]
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