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240 | Sonetti del 1832 |
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ER ZANATÒTO,[1] OSSII ER GIUBBILEO.
1.
Mancosiamale[2] che nnun zemo cani!
Già sta attaccato pe’ le sagristie
Un bell’editto pe’ abbassà li grani
E ppe’ ffà tterminà le caristie.
Chi dduncue, incomincianno da domani
Inzin’ar giorno delle Befanie,[3]
Pregherà pe’ li prèncipi cristiani,
Poi pe’ l’esartazzion de l’aresie
E ppe’ l’estirpazzion de Santa Cchiesa:
Dànnose,[4] co lliscenza,[5] ar culiseo[6]
’Na bbona snerbatura a la distesa;
Abbasta che nnun zii turco nè abbreo,
Né de st’antra canajja che jje pesa;[7]
Er Papa j’arigala er giubbileo.
Roma, 13 dicembre 1832
- ↑ Sana-totum.
- ↑ [Invece del semplice mancomale. Ma è detto per caricatura.]
- ↑ Da Epifania si è fatto Befania, ovvero la festa delle befane, larve che vengono un paese lontano, e discendono giù pe’ camini a spaventare o regalare i fanciulli, secondo il merito. Que’ meschinelli digiunano la sera della vigilia di tanta festa, onde offerire colla loro cenetta un ristoro alla povera befana, che spende tante migliaia onde togliere i genitori la riconoscenza del beneficio.
- ↑ Dandosi.
- ↑ Modo di chiedere perdono allorchè si nomini alcuna sconceria.
- ↑ Ano. [Ma propriamente, chiamano così il Colosseo.]
- ↑ Gente che jje pesa: frase significante “anime gravi di colpe„. [E qui s'intende che sono i liberali.]
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