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242 Sonetti del 1832

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ER GIUBBILEO

3.

  Cqui nun c’è da dà gguazza,[1] sor baggeo:[2]
Er Papa, grazziaddio, nun è un cojjone;
E ssubbito[3] ch’ha mmesso er giubbileo,
Ciaverà avuto le su’ gran raggione.

  Prima de tutto, cuer zu’ amico abbreo
Che jje venne[4] un mijjaro pe’ un mijjone,
Ggira ancora cqua e llà strillanno aéo,[5]
Senza vienì a la santa riliggione.[6]

  Ma cche stamo a gguardà ll’abbreo Roncilli!
Ve pare che cce siino sott’ar zole
Poc’antri ladri cqui da convertilli?

  Ecco duncue che, ssenza èsse bbizzoco,[7]
Se pò strigne er discorzo a ddu’ parole:
Che un giubbileo pe’ ttanti ladri è ppoco.

Roma, 14 dicembre 1832.

  1. Beffe.
  2. Persona che affetta lo spiritoso, il grazioso, ecc.
  3. Posto che.
  4. Vende.
  5. Grido degli ebrei che van girando per roba di ricatto. [Che fanno cioè i ricattieri, o, come si dice in Toscana, e come s'è detto sempre anche a Roma, i rigattieri.]
  6. Vedi su ciò il sonetto... [La sala ecc., 8 gennaio 32].
  7. [Bigotto.]
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