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Sonetti del 1832 251

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LI GGIUDII DE L'EGITTO

  Faraone era un re de sti frabbutti[1]
Che impicceno da sé ttutte le carte,[2]
E vvolenno l’Abbrei schiavi o ddistrutti,
O l’affogava o li metteva all’arte.

  Ma Mmosè, che ppareva Bbonaparte,
A la bbarbaccia sua li sarvò ttutti,
E ffra ddu’ muri d’acqua, uno pe’ pparte,
Se li portò pe’ mmare a ppied’assciutti.

  Nell’acqua annò bbenone, sor Giuvanni,
Perch’er Marrosso stiede sempre uperto;
Ma in terra cominciorno li malanni.

  Ar meno è una gran buggera de scerto
Cuella de spasseggià pe’ cquarant’anni
E stasse a ffregà ll’orbo[3] in un deserto.


Roma, 16 dicembre 1832

  1. Cattivi soggetti.
  2. Impicciar le carte da sé, vale: “fare e disfare a suo senno.„
  3. Affaticarsi senza pro.
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