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Sonetti del 1832 261

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi II.djvu{{padleft:271|3|0]]la città, recitando il rosario interpolato da canzoncine divote: e tanto bene prendono misura fra il tempo e la via, che giunti chi a tale e chi a tal altra Madonna, delle quali non è penuria per le strade di Roma, ivi come a meta del loro viaggio termina appuntino il rosario e s’intuonano le litanie. Al fine di queste e di altre orazioncelle, parte in prosa e declamate, ‘parte in versi e cantate, ciascuno al saluto di Sia laudato Gesùcristo risponde con un Sempre sia laudato, e va al suo qualunque piacere.      2 Ano.      3 Ladro.      4 Averlo.

UNA MANO LAVA L'ANTRA

  L’omo, cuanno lo pijji a ppunto-preso,[1]
Lui te diventa subbito un cojjone.
E cciài da mette che nun è dda mone[2]
Che jje stava Luscìa coll’arco teso.

  Ccusì è ssuccesso cuer ch’io m’ero creso:[3]
Tanto j’è annat’attorno er farfallone,
Che un po’ un po’ che jj’ha ddato de gammone[4]
Lei te l’ha ffatto cascà ggiù dde peso.[5]

  Sì, sì, ccapisco ch’è per lei ’na pacchia[6]
D’avé sposato un omo accusì rricco
Lei che nun cià dder zuo manco una tacchia.[7]

  Ma una mojjetta che jje fa sto spicco,
Sta cicciona de ddio,[8] sta bbella racchia[9]
La poteva sperà cquer brutto micco?


Roma, 20 dicembre 1832

  1. Tòrre a sorpresa.
  2. Mo: ora.
  3. Creduto.
  4. Dar vantaggio, sopravvento: fomentare, e simili.
  5. Cader di peso, con tutto il precipizio dell’inerzia.
  6. Cosa comoda.
  7. Scheggia.
  8. Donna carnuta.
  9. Giovanetta leggiadra, e per lo più polputella.
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